Il lamento del ghiacciaio: viaggio sul massiccio del Monte Bianco dove le rocce si sgretolano e il ghiaccio diventa acqua

“Nel 1979 venivamo qui per fare palestra di ghiaccio, oggi invece si vedono le rocce”. Luca Argentero, guida alpina di Courmayeur, racconta con un po’ di malinconia un passato neanche troppo lontano. Siamo al ghiacciaio Lex Blanche, in val Veny, una delle valli laterali del Monte Bianco, sul versante italiano. Un fenomeno, quello del ritiro dei ghiacciai, che riguarda l’intero massiccio ed è particolarmente evidente anche in val Ferret. Il suono dell’acqua, il suo scorrere lento ma continuo, quelle rocce fino a pochi anni fa ricoperte di ghiaccio ed ora ben visibili: sono queste le immagini principali che restituisce un viaggio sul gigante delle Alpi. Ma non è certo solo una questione sentimentale. “Il ritiro dei ghiacciai, le temperature più elevate – racconta Mario Ravello, guida alpina e geologo – , sono fattori che incidono anche nella stabilità della massa rocciosa rendendo oggi la montagna più pericolosa”. E ciò che vediamo oggi potrebbe ancora peggiorare. “L’effetto sui ghiacciai delle condizioni climatiche attuali – continua Ravello -, con estati calde e inverni poco nevosi, si vedranno tra una quindicina d’anni”.

di Ilaria Blangetti e Francesco Doglio

TSM: il 2021 sancirà l’insostenibilità economica e ambientale del progetto. Si vada verso il riconoscimento del reale valore del Terminillo.

All’alba del 2021, l’annuncio del parere dell’Area Valutazione d’Incidenza della Regione Lazio al Piano di interventi denominato Terminillo Stazione Montana ha fatto brindare tutti i promotori del TSM al successo, in una rincorsa a prendersi il merito di un’autorizzazione che ancora non c’è.

Un parere pubblicato tra spumanti e panettoni, ma che presenta molti passaggi incomprensibili e inaccettabili, primo fra tutti la mancata firma del Dirigente dell’Area Vinca. Il documento è oltretutto debole in molti punti e con aspetti dichiaratamente non valutati aprendo così la possibilità di distruggere svariati ettari di faggeta in Vallonina, in parte tutelati anche dalla Rete Natura 2000, contraddicendo i pareri del 2010 e del 2015 con i quali la stessa Area Vinca aveva bocciato il progetto nella sua interezza.

Come associazioni che seguono da anni il procedimento di VIA, anche con diverse proposte che avrebbero da tempo consentito lo sblocco dei fondi regionali a favore di un rilancio sostenibile per il Terminillo, abbiamo di conseguenza presentato formale diffida agli organi competenti a concludere il procedimento con pareri privi di validità o non ancora acquisiti e senza tenere conto dell’annullamento del Piano Paesistico della Regione Lazio, ad opera della Corte Costituzionale pochi mesi fa, e di numerose autorizzazioni invalidate dall’evoluzione della normativa nei sei anni del procedimento.

L’unica buona notizia che accogliamo favorevolmente è quella del riconoscimento dell’impatto estensivo sulla faggeta, come già evidenziato dalle nostre osservazioni, che ha portato al parere negativo sul collegamento tra la Sella di Cantalice e gli impianti di Campo Stella in Vall’Organo con numerose prescrizioni sugli interventi rimanenti.

Il riconoscimento del valore estensivo delle faggete e dell’annullamento di un Piano Paesistico, che è stato bocciato proprio per la mancanza di una sufficiente tutela delle “Terre Alte” dalle speculazioni legate all’ampliamento degli impianti sciistici, riteniamo non potrà che portare ad ulteriori pareri negativi in sede di valutazione finale della compatibilità ambientale.

Se così non sarà, le associazioni sono pronte a ricorrere, nelle sedi appropriate, contro ogni atto che possa minare la tutela dei beni ambientali e comuni del territorio del comprensorio del Terminillo.

Un futuro migliore per il Terminillo è possibile. La saturazione del mercato dello sci da discesa nelle poche stazioni ad alta quota rimaste sta spingendo verso la diversificazione del business della montagna con un coinvolgimento sempre più intenso del tessuto dei centri in rete sul territorio. Ce lo ha dimostrato l’assalto che abbiamo visto nella fase Covid, ad impianti fermi, con centinaia di persone alla ricerca di natura, buon mangiare e benessere. Ma bisogna essere pronti ad accogliere queste nuove opportunità con servizi e strategie adeguate.

Infine la petizione consegnata in regione Lazio con 15.000 firme (luglio 2020) e oggi a quota 17.000 è stata rilanciata. Invitiamo tutti ad aderire perché ognuno di noi possa salvare il bosco della Vallonina.

www.change.org/p/regione-lazio-salviamo-terminillo-fermiamo-un-progetto-inutile-e-dannoso-notsm

Un altro Appennino è possibile

Una tavola rotonda sul futuro del Corno alle Scale, dell’Appennino e della montagna tutta: la tutela del paesaggio, la vita all’aria aperta e l’attività fisica come scelte irrinunciabili per superare questa crisi e tutte le crisi che verranno.Un’occasione per ripensare a noi stessi e al nostro rapporto con gli ambienti in cui viviamo.Tante voci, nessun logo.
Perché l’Appennino è uno.
E la montagna è di tutti.


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Dialogo conPaolo Piacentini, autore del libro “Appennino atto d’amore” e Presidente Nazionale FederTrek

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Interverranno:
LUCA MERCALLI – autore del libro “Salire in montagna”
MICHELE SERRA – giornalista
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Coordina Paolo Carati
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Relatori presenti:

🔺 FAUSTO BONAFEDE – WWF

🔺 MAURIZIO FABBRI – Presidente Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese

🔺 SALVATORE DI RUZZA

🔺 FABIO VALENTINI – Mountain Wilderness Schweiz

🔺 BARBARA PANZACCHI – Presidente Unione dei comuni Savena-Idice

🔺 ANDREA GARREFFA – cofondatore 6000 sardine

🔺  Pierluigi Musarò – direttore Itaca migranti e viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile

🔺 VITTORIO MONZONI- Legambiente Onlus

L’ANNULLAMENTO DEL PIANO PAESAGGISTICO DEL LAZIO GETTA NUOVE OMBRE SUL TSM

Anche le forzature sulla disciplina dei paesaggi montani hanno contribuito all’annullamento del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio; una occasione per ripensare le strategie per le montagne del Lazio e arrestare la devastazione del Terminillo

La Corte Costituzionale, con sentenza pubblicata pochi giorni fa, ha annullato il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) del Lazio, e lo ha fatto perchè la Regione Lazio ha violato il principio di leale collaborazione tra istituzioni.

Il testo del PTPR concordato con il MiBACT come legge impone, infatti, avrebbe dovuto essere approvato tal quale dal Consiglio Regionale, che di converso ha licenziato un testo modificato in più parti e contenente norme che  scardinano l’obbligo di copianificazione Stato-Regione e che allentano le tutele di molti beni paesaggistici tra cui le aree montane, dove il PTPR manomesso avrebbe consentito la realizzazione di impianti sciistici, impianti di innevamento artificiale e attrezzature ricettive al di sopra della fascia dei 1200 metri.

Questa disattenzione nei confronti della tutela paesaggistica della montagna purtroppo non sorprende.

Da anni – attraverso le ripetute osservazioni presentate nell’ambito delle procedure di VIA del progetto Terminillo Stazione Montana (TSM) – il Comitato del #noTSM ha rilevato come la Regione Lazio interpretasse in maniera ingiustificatamente estensiva le norme del PTPR, e come tali interpretazioni collidessero in maniera sostanziale anche con le Direttive Comunitarie, il tutto per consentire la realizzazione di un progetto devastante per il paesaggio e per l’ambiente, economicamente fallimentare e posto fuori dal tempo dal climate change.

Duole constatare che fino ad oggi questa insensibilità regionale è stata sostanzialmente condivisa dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Frosinone, Rieti e Latina, che ha già emesso parere paesaggistico positivo sul TSM nonostante al tempo di formazione dell’atto fossero in vigore le norme più restrittive di quelle successivamente manomesse dalla Regione Lazio.

Il nostro auspicio è che questa vicenda spinga la Regione Lazio a considerare con maggiore consapevolezza la tutela paesaggistica del suo territorio, e che tale consapevolezza si estenda anche alle strutture periferiche del MiBACT.

Free Terminillo

Il 6 marzo a Rieti si è svolto un incontro durante il quale 11 associazioni (CAI Gruppo Regionale Lazio, WWF Lazio, FederTrek-Escursionismo Ambiente, European  Consumers, Italia Nostra-Sabina e Reatino, Mountain Wilderness Lazio, Salviamo il Paesaggio-Rieti e Provincia, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Altura Lazio, Salviamo l’Orso) hanno indicato le loro osservazioni critiche al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto “Terminillo Stazione Montana” (TSM2).
Il Terminillo fa parte dei Monti Reatini, nella provincia di Rieti (Lazio), unica area montana del centro Italia che non ricade in una zona di Parco ma fa parte della Rete Natura 2000 (un sistema europeo di aree da tutelare, per la conservazione di habitat e di specie animali e vegetali), designata come ZPS (Zona di protezione speciale) “Monti Reatini”, al cui interno sono presenti cinque SIC (Siti di importanza comunitaria): Vallone del Rio Fuggio, Gruppo del Monte Terminillo, Valle Avanzana-Fuscello, Monte Fausola, Bosco Vallonina.

Il TSM2 prevede l’ampliamento degli impianti sciistici, con il collegamento tra le stazioni di Pian de Valli e di Campo Stella, con un vero e proprio accerchiamento del Monte Terminillo, modificando profondamente ambienti di grande pregio naturalistico (protetti da direttive europee), luoghi come la Vallonina frequentati ogni anno da migliaia di escursionisti, scialpinisti, alpinisti e non solo.

Vallonina a Val Organo. Foto: Andrea Bollati

Le Associazioni hanno mostrato i gravi punti di debolezza e criticità del progetto da tutti i punti di vista, dalla pianificazione paesaggistica e territoriale, al profilo idrogeologico, al piano economico, non considerando inoltre l’attuale riscaldamento globale le cui conseguenze in questi ultimi anni sono ormai evidenti a tutti, anche a chi sulle Alpi ha iniziato a seguire e a pensare un altro tipo di sviluppo delle stazioni sciistiche (site a quote ben più elevate di quelle del Terminillo) ormai necessario, uno sviluppo di qualità e ambientalmente sostenibile.

L’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Daniele Boninsegni (CAI Leonessa) che ha ripercorso la storia degli impianti del Terminillo dalla nascita negli anni ’30 (quando non esisteva la concorrenza di altre stazioni sciistiche) ad oggi, con i vari progetti di ampliamento mai realizzati e la proposta d’istituzione di un Parco Regionale Naturale dei Monti Reatini negli anni ’90.

Andrea Filpa (WWF Lazio) ha indicato come il D.M. 17 ottobre 2007 vieti, nelle ZPS, la “realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci” e consenta “interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS”. 

Il geologo Fabrizio Millesimi (libero professionista, Dottore in Geologia) ha illustrato le problematiche legate al versante ovest di Jaccio Crudele – Monte Porcini sotto il profilo idrogeologico e del rischio valanghe e come il progetto TSM2 non preveda opere di messa in sicurezza rispetto alla caduta massi e alle valanghe ma solo monitoraggi continui non ben definiti.

Massimiliano Bianco (European Consumers) ha ulteriormente evidenziato come il nuovo progetto che prevede la realizzazione di circa 12 Km di piste e skiweg (che costituiscono il 50% di incremento rispetto agli esistenti) e la realizzazione di 9 nuovi impianti che si aggiungono ai 7 esistenti sia in conflitto con quanto stabilito sia dal citato D.M. 17 ottobre 2007 che dalla DGR n. 612/2011. L’intervento di Cesare Carloni (CAI Antrodoco) ha mostrato gli impatti irreversibili legati al taglio di circa 17 ettari di bosco (con una stima di circa 1500 alberi di alto fusto di età compresa tra i 70 e 150 anni), la perdita di 7 ettari di praterie primarie, la realizzazione di oltre 8 km di trincee e di invasi per l’innevamento artificiale, mentre Alessandro Piazzi (FederTrek) ha mostrato nel dettaglio, attraverso alcune immagini e cartografie, come il progetto TSM2 incida profondamente sulle aree ZSC (Zone Speciali di Conservazione) delle “Praterie del Terminillo” e del “Bosco della Vallonina” e come la Valutazione d’Incidenza sia incoerente con la Valutazione d’Impatto Ambientale.

Seggiovia Terminilletto. Foto: Andrea Bollati

Giampiero Cammerini (WWF Rieti) ha illustrato il piano economico finanziario del TSM2 sottolineando le incongruenze e la inaffidabilità delle analisi, delle previsioni delle presenze invernali potenziali (280.000, quando nel reatino in un anno si raggiunge la cifra di 106.000) e delle entrate (8 milioni di euro), non considerando né lo status del turismo locale e di quello invernale in Appennino e sulle Alpi né tantomeno i costi dell’innevamento artificiale, quest’ultimo difficile da realizzare a quote inferiori ai 2000 metri se si tiene conto dei dati climatici degli ultimi anni. Sui cambiamenti climatici è intervenuta la climatologa Marina Baldi (CNR-IBE, Roma) indicando come gli ultimi 5 anni siano stati i più caldi in assoluto, e come in Italia i giorni caldi siano in aumento rispetto a quelli di gelo e come siano aumentati i periodi secchi mentre le precipitazioni sono sempre più intense e concentrate determinando un aumento del rischio idrogeologico e della instabilità del manto nevoso in montagna; la ricercatrice ha sottolineato come a livello globale e nella regione mediterranea le previsioni per i prossimi decenni indicano un aumento delle temperature e una diminuzione delle precipitazioni e della disponibilità di acque dolci. Riguardo l’area del Terminillo gli ultimi anni registrano una notevole diminuzione delle precipitazioni nevose, tra l’altro sempre più tardive rispetto alla stagione sciistica.

Infine Luigi Casanova (vice presidente Cipra Italia) ha ricordato che già nel 2005, in un convegno della Cipra in Baviera, numerosi scienziati concludevano che con i cambiamenti climatici in atto le aree montane che avrebbero avuto più possibilità per uno sviluppo turistico sarebbero state quelle non trasformate dalla presenza massiccia di impianti di risalita.

Le associazioni promotrici dell’incontro denunciano l’ulteriore spreco di risorse pubbliche utilizzate per progettazioni di opere che (se nel rispetto delle leggi) non hanno nessuna possibilità di essere realizzate, e le perdite di tempo (di decenni) che hanno impedito qualsiasi altra via di sviluppo. 

Chi si oppone al progetto TSM2 non è contro lo sviluppo del Terminillo né contro gli impianti esistenti, che avrebbero bisogno sì di un ammodernamento, ma crede in uno sviluppo diverso, ambientalmente sostenibile e realmente condiviso dalle comunità locali e amanti dei Monti Reatini (che non si limitano di certo al solo Terminillo), rivolto a tutti e per tutto l’anno.

Le Osservazioni al Progetto Terminillo Stazione Montana (TSM2) raccolte dalle 11 associazioni e presentate il 6 marzo sono state inviate agli Uffici competenti della Regione Lazio.

L’incontro si è svolto a porte chiuse, è stato ripreso in diretta dalle telecamere di Rietinvetrina e pubblicato integralmente sulla pagina Facebook del giornale online.

Andrea Bollati

Fonte: https://www.mountainwilderness.it/aree-protette/free-terminillo/

NEVEDIVERSA 2020 – Comunicato stampa

Ecco i numeri del report di Legambiente: 348 gli impianti in sofferenza ad alta e bassa quota monitorati,

132 quelli dismessi, 113 quelli temporaneamente chiusi e 103 i casi di “accanimento terapeutico”

Tra i casi emblematici l’ecomostro dell’Alpe Bianca, lo stadio olimpico del salto a Pragelato

e la pista da bob a Cesana (To)

Legambiente: “Ripensare l’offerta turistica invernale in una chiave più sostenibile”

Ecco il decalogo per la montagna invernale nell’epoca della transizione climatica

Impianti per gli sci dismessi, abbandonati, ormai vecchi e obsoleti, oppure strutture per gli sport invernali temporaneamente chiuse per mancanza di neve, per problemi economici o per fine vita tecnica. E poi casi di accanimento terapeutico, con impianti che vanno avanti grazie ai contributi dello Stato. A questi si affiancano, per fortuna, storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile che lascia ben sperare. È questo il doppio volto della montagna legata allo sci alpino e al turismo invernale che Legambiente denuncia e racconta nel report Nevediversa 2020 – Il mondo dello sci alpino nell’epoca della transizione ecologica. A parlar chiaro sono i numeri raccolti: 348 gli impianti in sofferenza monitorati nella Penisola, di questi 132 quelli dismessi e non funzionanti da anni, 113 quelli temporaneamente chiusi e 103 i casi che l’associazione ambientalista definisce di “accanimento terapeutico”. Strutture presenti in diversi regioni d’Italia ad alta e bassa quota, simbolo spesso di uno snow business che ha prodotto nel tempo un paesaggio fatto di strutture ormai vecchie e obsolete, mentre i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature stanno rendendo sempre più fragile la montagna.

Tra i tanti casi simbolo al centro del report c’è l’ecomostro dell’Alpe Bianca, in Piemonte, a Tornetti di Viù (To), chiuso dal ’94 e frutto di una speculazione sbagliata. Lo stadio del salto con gli sci a Pragelato (To) e la pista da bob di Cesana (To), entrambi eredità dei fasti delle Olimpiadi di Torino 2006 e oggi ambedue chiusi, il primo nel 2006, il secondo nel 2011. Ci sono poi gli impianti in località Pia Spiss, Valcanale Ardesio (BG), in Lombardia, costruiti negli anni ’80 e chiusi nel ’97, per passare a quelli di Marsia di Tagliacozzo, in Abruzzo, costruiti nel 1961 e oggi in stato di abbandono. E poi in Calabria in località Ciricilla (CZ), dove l’unica stazione sciistica in provincia di Catanzaro è chiusa dal 2000.

A questi vanno aggiunti gli impianti temporaneamente chiusi, situati per lo più in piccoli comprensori sotto i 1500 metri per i quali in questi anni si è cercato a fatica di garantire il funzionamento. Si va dal comprensorio di Argentera a Cuneo, in Piemonte, con gli impianti chiusi per la stagione 2019-2020 e le strutture che hanno superato il ciclo di vita tecnica dei 40 anni, a quelli in località Rocca Rovereto, in Liguria, che funzionano solo in parte. In località Col de Joux Saint Vincent (AO), in Valle d’Aosta, l’impianto è sospeso per revisione e per carenza di neve. Anche nel Centro Italia la situazione non è delle migliori, ad esempio nelle Marche, a Frontignano – Ussita (MC), le strutture sono ferme per danni causati dal sisma. Problema analogo in Abruzzo, a Prato Selva e Prati di Tivo, Fano Adriano (TE), dove gli impianti sono chiusi da anni per danni legati al sisma, ma anche per la mancanza di manutenzione straordinaria. In Sardegna gli impianti di Bruncuspina e S’Arena risultano al momento non operativi. In Sicilia in località Piano Battaglia, gli impianti ammodernati nel 2009 con un cofinanziamento pubblico-privato sono al momento chiusi per problemi burocratici.

Storie segnalate da Legambiente che indicano l’urgenza di ripensare l’offerta turistica invernale: per questo l’associazione ambientalista lancia oggi anche il suo decalogo. Tra i punti principali inseriti, ascoltare gli esperti sul clima, porre un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini, avere il coraggio di interrompere i contributi per lo sci alpino a località sotto i 1500 metri, porre un limite al potenziamento dei grandi impianti ad alta quota e ridurre la pressione sugli ambienti più delicati di alta montagna, dicendo stop alla proliferazione all’interno delle aree protette e dei siti Natura 2000. Dall’altro canto è importante promuovere le molteplici attività che si possono svolgere nella media e bassa montagna creando le condizioni per impiegare le risorse locali, umane e materiali; valorizzare le esperienze sostenibili positive, coinvolgere le comunità locali e avviare dei percorsi di formazione sull’emergenza climatica e sulla valorizzazione del territorio.

“Negli anni del boom economico – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente – i territori hanno localizzato impianti spesso in aree non idonee alla pratica sciistica, anche a quote molto basse, addirittura sotto i 1000 metri s.l.m. Parliamo di impianti – tra skilift, seggiovie e cabi­novie – che abbiamo censito in questo report ricordando al tempo stesso come i cambiamenti climatici stiano rendendo sempre più vulnerabili e fragili le montagne. Siamo convinti che in questi anni l’economia dello sci alpino non sia stata capace di cambiare le strategie alla luce dei cambiamenti climatici in atto, ora però è giunto il momento di invertire la rotta. Per questo chiediamo la definizione di una strategia nazionale per lo sviluppo della montagna che tenga conto anche di un turismo invernale più sostenibile. Come Legambiente continueremo a vigilare sul territorio montano e l’idea è quella di creare un osservatorio dei relitti e delle ricon­versioni di stazioni e comprensori montani”.

Tornando al report Nevediversa, Legambiente inoltre pone l’attenzione sui “casi di accanimento terapeutico” e sul fatto che il denaro pubblico serve a finanziare non solo le grandi stazioni in quota, ma anche a rilanciare località sciistiche dove la neve artificiale è ormai la norma.  Ad esempio nel Lazio, nonostante il forte calo delle presenze turistiche, la diminuzione delle precipitazioni nevose e i problemi economici, è stato nuovamente proposto un consistente progetto di rilancio degli impianti in località Terminillo. In Trentino Alto Adige, la Provincia autonoma di Trento ha deciso di finanziare con 4 milioni di euro il restyling del comprensorio sciistico Bolbeno – Borgo Lares (TN) situato a bassissima quota (567m – 663m).  In Toscana, c’è poi il caso del comprensorio dell’Abetone, sostenuto per molto tempo con almeno 1 milione di euro ogni anno, e in questa stagione in forte sofferenza a causa della mancanza di neve. Per altro la Regione Toscana non ha messo a bilancio il consueto milione di euro di fondi destinati agli impianti.

Nel report Nevediversa Legambiente riporta anche alcuni esempi di finanziamenti regionali per le stazioni sciistiche. La Regione Lombardia lo scorso giugno ha stanziato 9,4 milioni di euro per l’innevamento degli impianti di sci lombardi. La giunta regionale del Piemonte lo scorso luglio ha deliberato l’erogazione di 10 milioni di euro per l’innevamento programmato dei Comprensori Via Lattea e Bardonecchia per le stagioni sciistiche 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022. A questo si aggiungono i fondi destinati alle piccole e micro stazioni montane del resto della regione per la costruzione di bacini artificiali e il rifacimento di impianti di risalita, attingendo ai 24,5 milioni di euro stanziati dalla legge regionale 22 novembre 2017, n. 1. “Sarà interessante – aggiunge la Bonardo – seguire l’andamento dei finanziamenti che le Regioni da oltre vent’anni elargiscono a sostegno degli impianti per la manutenzione e in particolare per la sempre maggiore richiesta di neve artificiale. Anche in questo caso è difficile fare un conto preciso. Si tratta comunque di diverse centinaia di milioni di euro che ogni anno vengono messi a bilancio a questo scopo dalle Regioni e in piccola percentuale anche dai Comuni. Molte le realtà che, a fronte di investimenti consistenti, funzionano giusto nel fine settimana e durante le vacan­ze di Natale e, clima permettendo, durante le settimane bianche”.  

Buone pratiche e riconversioni – Eppure ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile non è una sfida impossibile. A dimostralo diverse buone pratiche di turismo sostenibile avviate sul territorio come ad esempio il progetto Neve&Natura del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna che prevede un ricco calendario di eventi tra cui ciaspolate, sleddog, visite al planetario del Parco, sagre. Oppure le attività messe in campo da Majambiente, una società nata nel 1994 a Caramanico Terme, formata da un gruppo di Guide Locali che propongono escursioni, percorsi in e-bike, e che gestiscono un centro di visita con un museo naturalistico ed archeologico, un museo della fauna, uffici informazioni dislocati in alcuni comuni della Valle dell’Orta, un’area faunistica, un giardino botanico ed una foresteria scientifica con 25 posti letto. Accanto alle buone pratiche, ci sono poi anche storie di riconversione di vecchi impianti. Ad esempio Caldirola, in provincia di Alessandria, Alta Val Curone, oggi grazie alla mountain-bike sta rivivendo una stagione d’oro, come accadeva negli anni ’60 quando era una rinomata località sciistica. Altro esempio arriva dalla Valle d’Aosta dove i comuni di Etroubles, Saint-Oyen e Saint-Rhémy-en Bosses, nella valle del Gran San Bernardo, hanno scelto di non rinnovare gli impianti di risalita a bassa quota e di puntare invece su un’offerta turistica centrata sulla natura e la cultura.

Queste buone pratiche – spiega Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente – segnano un cambio di prospettiva e di svolta: località che un tempo venivano viste solo come mete legate allo sci cominciano a diventare anche luoghi dove è possibile camminare tutto l’anno, passare momenti di relax nei boschi imbiancati o meno. Per questo è importante incentivare la diffusione di queste nuove forme di turismo montano sostenibile su tutto il territorio”.

Il report Nevediversa su: www.legambiente.it

L’Ufficio stampa di Legambiente: 0686268429 – 99 – 3496546593