TSM, svelato il bluff – La Regione Lazio chiede ora integrazioni ad un progetto che non c’è

IL CARTELLO DI 19 ASSOCIAZIONI

WWF Lazio, Club Alpino Italiano GR Lazio, Italia Nostra – Sabina e Reatino, LIPU-Birdlife Italia, FederTrek – Escursionismo  Ambiente, Salviamo l’Orso, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Altura Lazio, Mountain Wilderness Lazio, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Pro Natura Lazio, Orso and friends, Natour biowatching, Red Fox – Scuola di Natural Survival e Tracking,  La Lupus in Fabula,  G.U.F.I. Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, GriG Gruppo di Intervento Giuridico.

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Con una notadel 6 Luglio us, l’Area Valutazione Impatto Ambientale (VIA) della Regione Lazio che dovrà rilasciare eventuale parere positivo ha chiesto ai proponenti del TSM2 alcune integrazioni ai materiali di progetto, integrazioni inerenti cinque aspetti che a prima vista non appaiono marginali. Li elenchiamo, affinché tutti sappiano e possano fare le loro considerazioni, mentre i sostenitori del TSM e i sindacati fanno pressing: descrizione dello stato dei luoghi ove sono presenti impianti e piste dismesse; analoga descrizione dei siti ove verranno realizzati i nuovi impianti, al fine di accertarne il grado di antropizzazione; quale sia il destino delle rocce e terre di scavo; rielaborazione dei dati nivologici utilizzando quelli più recenti; progetti dei bacini di raccolta delle acque per l’innevamento artificiale e l’indicazione delle sorgenti da captare per riempirli.

Bene si dirà, in un progetto così controverso (si rammenta, bocciato già due volte) la Regione Lazio vuole assumere una decisione consapevole e ponderata, e quindi ha necessità di conoscere bene le caratteristiche attuative e definitive del progetto.

Ma non è così, e la lettura della nota che danno le Associazioni Ambientaliste è molto differente; riteniamo queste richieste non solo scandalose, ma anche espressive del colpevole e tardivo smarrimento della Regione Lazio.

Veniamo ai fatti. Dopo la sospensione in sede di VIA del TSM1, avvenuta nel 2015, è stato aperto un tavolo tecnico tra Regione Lazio e promotori, tavolo finalizzato a superare le criticità del progetto e che ha lavorato dal 2015 al dicembre 2019, quando con trionfali squilli di tromba il nuovo TSM2 ha iniziato un nuovo iter di approvazione; è stato quindi pubblicato il TSM2, sono state presentate le osservazioni dal cartello delle Associazioni, sono state redatte le Controdeduzioni, scadute lo scorso 5 Giugno.

Sembrerebbe tutto pronto per la decisione finale, ma la recente nota regionale prolunga i giochi – o forse l’agonia – in modo inatteso, e qualche interrogativo è d’obbligo.

Soltanto ora la Regione Lazio si accorge di non conoscere dove e quali siano i vecchi impianti? Solo ora si accorge di non sapere dove verranno realizzati i nuovi impianti? Solo ora si accorge che le terre di scavo hanno incerto destino? Solo ora si accorge che gli studi meteorologici sono fasulli (basati su dati vecchi e presi da altri luoghi)? Solo ora si accorge che il TSM2 non ha considerato gli impatti del nuovo sistema idrico per l’innevamento?

Se è vero, come afferma la nota del 6 Luglio, che nel progetto del TSM2 mancano tutte queste informazioni, su quali basi, ad esempio, la Soprintendenza competente si è espressa positivamente in sede di Conferenza di Servizi dando il proprio nullaosta sul parere paesaggistico? E su quali basi l’Area Urbanistica della Regione Lazio ha dato parere favorevole già il 20 marzo scorso? E, soprattutto, su quali basi i cittadini sono stati invitati ad esprimersi attraverso le osservazioni, atteso che neppure la Regione Lazio – dotata di strutture e competenze tecniche che i cittadini è fisiologico non abbiano – è riuscita a capire lo stato attuale dei luoghi che verranno investiti dal TSM2?

Le considerazioni che le Associazioni traggono da questa ulteriore dimostrazione di superficialità amministrativa sono molto amare e pesanti.

Primo: vi sono strutture della amministrazione pubblica che prendono decisioni senza radicarle nelle normative e nella razionalità tecnica, in assenza di informazioni basilari. Non sta a noi indicare quali siano i criteri altri che informano queste decisioni, ma non possiamo dire di non intuirli.

Secondo: gli unici a conoscere veramente il progetto TSM2 sono le Associazioni Ambientaliste che hanno profuso energia, intelligenza e competenza per evidenziare le incommensurabili falle del TSM2 e dei suoi predecessori; abbiamo letto le carte, abbiamo verificato dati e studi economici, abbiamo esplorato e ponderato la normativa, abbiamo ricercato quello che negli elaborati progettuali era assente oppure sbagliato, siamo stati sui luoghi e ci siamo ben documentati. Quindi sappiamo bene cosa succederà – impatti ambientali devastanti – e cosa non succederà, ovvero che il TSM2 non sarà un’occasione di sviluppo ma un ennesimo modo di sprecare soldi pubblici senza creare né attività sul Terminillo né lavoro.

Terzo: siamo stati praticamente gli unici a presentare osservazioni (molte delle altre sono rituali endorsement), ma a tali osservazioni nessuno ha risposto, poiché le controdeduzioni rese pubbliche sono evasive e parlano d’altro. Comprensibile, sarebbe stato impossibile dimostrare l’indimostrabile, ovvero che il TSM2 è un progetto sostenibile e redditizio in questo periodo storico. Le controdeduzioni sono debolissime ed aprono la strada – lo abbiamo già detto – a ricorsi amministrativi. Ricorsi, va aggiunto, che non riguarderanno solo lo specifico delle (mancate) controdeduzioni, ma cui chiederemo di far luce sui modi in cui i soldi pubblici sono stati spesi (ad esempio vorremmo sapere quante volte e perché sia stato pagato un progetto ripetutamente bocciato; poi chiarire la correttezza o meno delle spese già sostenute per ammodernare impianti, oppure dell’intreccio pubblico-privato alla base del progetto), ma anche quanto sia costato alla collettività un tavolo tecnico regionale che per oltre quattro anni ha impegnato il tempo e le energie (stipendiate) di dirigenti e funzionari, pervenendo all’invidiabile risultato di non sapere ad oggi neppure quali siano i luoghi trasformati dai nuovi impianti e quale sia il loro grado di antropizzazione.

IN DIFESA DEL TERMINILLO RACCOLTE oltre 15.000 FIRME

IL CARTELLO DI 19 ASSOCIAZIONI

WWF Lazio, Club Alpino Italiano GR Lazio, Italia Nostra – Sabina e Reatino, LIPU-Birdlife Italia, FederTrek – Escursionismo  Ambiente, Salviamo l’Orso, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Altura Lazio, Mountain Wilderness Lazio, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Pro Natura Lazio, Orso and friends, Natour biowatching, Red Fox – Scuola di Natural Survival e Tracking,  La Lupus in Fabula,  G.U.F.I. Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, GriG Gruppo di Intervento Giuridico.

Rieti 6 luglio 2020

IN DIFESA DEL TERMINILLO RACCOLTE oltre 15.000 FIRME

19 Associazioni consegnano alla Regione Lazio i risultati della petizione

Raccolte in un mese ben oltre 15.000 firme per salvare il Monte Terminillo da un faraonico progetto di ampliamento sciistico quando è ormai un dato certo che nevica sempre meno, si registrano sempre più temperature elevate e il massiccio reatino è più apprezzato da un turismo green attento alla dimensione naturale che custodisce. Lo si vede dai tantissimi turisti che, anche in queste settimane, hanno preferito Il Terminillo come meta per passare le vacanze o il tempo libero all’aria aperta. Dai primi di giugno innumerevoli appassionati e villeggianti hanno preferito il Terminillo ad altre mete dell’Italia Centrale, anche solo per una giornata o un weekend.

E’ tempo di riprogettare la montagna, scrivono le riviste di sport in quota, e avvertono: la crisi climatica sta mettendo in crisi lo sci nelle Prealpi e nelle Alpi stesse. Ma allora: il piccolo massiccio del Monte Terminillo è situato in un altro pianeta ed è caratterizzato da un altro clima? E mentre “Viaggiarenews” intitola “Terminillo, da regina delle nevi a paradiso del trekking” snocciolando tutte le bellezze naturalistiche del monte riscoperto da un turismo estivo, gli stessi nuovi frequentatori del Terminillo si innamorano del valore aggiunto di  scenari mozzafiato mentre si svolgono attività all’aria aperta per tutti e per tutte le età.

Molti si domandano se questo appeal anche emozionale del Terminillo potrà più essere così attrattivo e unico se venisse realzzato il progetto di ampliamento sciistico TSM (Terminillo Stazione Montana). L’esito appare a tutti chiaro: si consegna la montagna alla monocultura dello sci da discesa invadendo la Vallonina e la sua faggeta secolare con nuove funivie per il collegamento tra le valli, grazie e solo perché c’è un finanziamento pubblico di 20 milioni di euro, quando ne servirebbero 50 (e presumibilmente molti di più), da spendere in fretta prima che la neve si sciolga al sole. Questa ingente somma, forse mai caduta ultimamente sulla Montagna del Reatino, è destinata non certo al restyling di una stazione turistica di montagna che versa da tre decenni in progressivo abbandono; ma ad un ambizioso progetto, agli impianti a fune e ai lavori ad esso collegati, a quote e ad esposizioni non certo adatte allo sci di pista.

Cosa rimarrà, dunque, del Terminillo se questo progetto, dannoso e fallimentare in partenza, verrà approvato dalla Regione Lazio? Se lo chiedono i tanti turisti che stanno apprezzando questo contesto naturalistico unico nel suo genere. Se lo chiedono le Associazioni ed i firmatari della petizione uniti nella difesa del Terminillo come luogo simbolo. Cresce il numero delle associazioni che sostengono la contrarietà al progetto, hanno da poco chiesto di far parte del cartello anche “Lupus in Fabula”,  “Gruppo di intervento giuridico onlus” e “Natour biowatching”, oltre alle altre che hanno già aderito come la LIPU.

Di recente una rappresentanza delle 19 associazioni è andata sui luoghi più nevralgici del Terminillo interessati al mega ampliamento, così da osservare direttamente cosa tocca il progetto che molti non conoscono nel merito. Lì hanno strotolato i loro striscioni come testimonianza della forte convinzione del NO: Bosco di Vallonina, Jaccio Crudele, Sella di Leonessa, Valle della Meta, fino ad arrivare agli impianti di Campo Stella e a Sella di Cantalice

La Regione Lazio darà il suo parere presumibilmente a Settembre e in attesa del verdetto finale ci si augura che cresca in molti il buon senso per consegnare con coraggio il Terminillo ad un futuro solido, ad uno sviluppo autenticamente sostenibile da consegnare alle prossime generazioni, ad una sintesi di proposte che facciano vivere la montagna tutto l’anno, ma valorizzando le sue peculiarità, tutelando le sue risorse naturali, riconoscendone la sua vocazione legata al benessere e migliorando l’offerta turistica e dei servizi.

Ci aspettiamo una nuova alba sul Terminillo, con un’economia montana basata sulla solidarietà cooperativa e su una gestione comunitaria dei beni, con forme socialmente innovative di  cooperative di comunità. Come hanno scritto alcuni, le montagne “formate da vecchi e nuovi montanari, produttori e al tempo stesso fruitori di beni e servizi (tra cui la tanto richiesta banda larga in montagna), riescono a rivitalizzare paesi destinati a morire. Anche se non c’è più la montagna di una volta, c’è ancora bisogno di un’economia che faccia vivere la montagna” (cit. Associazione Dislivelli). Un investimento del genere, sull’Appennino, è sconsiderato”, commenta con un sospiro Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, un climatologo specializzato proprio nello studio di nevi e ghiacci. “Consideriamo, poi, che stiamo parlando di Appennini: è una catena montuosa esposta, il rischio di mancanza di neve cresce, e anche in questo caso parliamo di dati scientifici”. Il CNR l’ha confermato: negli ultimi 5 anni sull’Appennino la neve bisognava cercarla. E sul Terminillo l’anno scorso si è sciato pochissimo, proprio a causa della mancanza di manto nevoso. “Il calo delle precipitazioni e, poi, della durata della neve sono inequivocabili. E’ inutile e dannoso inseguire progetti che nascono già vecchi, fuori dal tempo. Perché hanno bisogno di freddo e di neve, che non ci sono più”, spiega Mercalli. (https://estremeconseguenze.it/2020/06/29/il-terminillo-da-salvare/amp/).

Progetto Terminillo Stazione Montana atto II. Ancora disinformazione e attacchi risibili al cartello ambientalista

“I falsi argomenti usati dal fronte del no” su il Messaggero https://www.ilmessaggero.it/rieti/rieti_terminillo_tsm_sci-5282349.html

Vola la petizione, lanciata dal CAI di Leonessa e da tutto il cartello delle Associazioni in difesa del Terminillo, contraria al progetto TSM, inutile e dannoso: in meno di una settimana è arrivata a 10.000 firme. Già bocciato due volte dai valutatori della Regione Lazio, ha assunto il ruolo di “caso limite” di speculazione sulla piccola montagna appenninica diventando un caso di interesse nazionale.

Mentre aumenta il numero di associazioni che chiedono di partecipare alla causa, giunte ad essere 13, si intensifica il processo di disinformazione con attacchi infondati e risibili nei confronti delle ragioni del NOTSM, a riprova che i sostenitori di TSM2 non hanno argomenti, non hanno letto il progetto o lo hanno letto in modo “distratto” fidandosi ciecamente dei pareri entusiastici dell’ente proponente, la Provincia di Rieti, e dei comunicati prodotti da politici, sindacati e diverse, quanto variegate, associazioni di categoria.

Tutto ciò emerge proprio quando i sostenitori del TSM tentano di entrare nel merito, apportando affermazioni totalmente false, ignare della materia o fuorvianti, solo per gettare discredito e inattendibilità  sul cartello ambientalista.

In particolare leggiamo con meraviglia le posizioni risibili del Direttore della Scuola di Sci del Terminillo, Simone Munalli, già consigliere comunale a Rieti per 5 anni con delega per il Terminillo, il quale avrebbe potuto fare molto per equilibrare le diverse posizioni e trovare una sintesi di partenza più condivisa, prima di questa presentazione di un ennesimo progetto sbagliato, il TSM2. Cosa che non è mai accaduta.

Ci riferiamo al recente articolo pubblicato su “Il Messaggero”, a firma di Giacomo Cavoli, dal titolo “I falsi argomenti usati dal fronte del no”. Intervenendo in maniera fantasiosa sul tema dei faggi e sul tema dell’acqua necessaria per l’innevamento artificiale. Mette in bocca agli ambientalisti affermazioni false e confonde le argomentazioni, dimostrando scarsa competenza in materia. Munalli, stando almeno all’articolo suddetto, palesa una lettura distorta e contorta delle Osservazioni che le Associazioni hanno prodotto e inviato alla Regione Lazio in merito alla Valutazione di Impatto Ambientale.

Confonde, per localizzazione e gravità, il taglio dei 17 ettari della faggeta della Vallonina (per una superficie pari a 7 volte Piazza S. Pietro) con un taglio in corso, con regolare progetto approvato dalla Regione Lazio, nella zona Arca – Micigliano. Il Bosco della Vallonina è riconosciuto dall’Europa come zona di alto pregio da proteggere (ora Zona Speciale di Conservazione) e, se si danneggiasse, si incorrerebbe a una pesante procedura d’infrazione con sanzioni molto salate.

Confonde lucciole per lanterne il maestro di sci, equiparando il taglio massiccio di boschi vetusti e di pregio, per farne ampie piste da sci, con il taglio forestale ordinario di manutenzione del bosco, per di più in altra area del Terminillo che non è la Vallonina. Quei faggi nella Vallonina sono un habitat che ha meritato la tutela in maniera prioritaria dalla Unione Europea. Gli interventi di avviamento ad alto fusto previsti comportano dei tagli, ma sono finalizzati alla conservazione del bosco stesso, non per fare piste di sci. Gli interventi del progetto TSM2 sono tagli a raso ed hanno l’obiettivo di non far nascere più i faggi nell’area tagliata.

Per quanto riguarda l’innevamento artificiale – punto dolente del Progetto TSM poiché ha dei costi esorbitanti e non si capisce ancora chi lo dovrebbe sostenere – Munalli afferma che basterà che piova e che nevichi da fine marzo a fine novembre: i due bacini “di 50 metri cubi d’acqua l’uno” (sic) potranno soddisfare tutte le necessità per la raccolta idrica necessaria all’innevamento programmato, dichiara. A ciò si aggiunge quella del bacino già esistente. Insomma, perché pensare che si dovrà ricorrere a usare quella dell’acquedotto, sottolinea Munalli?

In realtà Munalli pensa che bastino due nuove vasche da cantiere da 50 mc, di cui non ne conosce neanche le reali misure. Il progetto prevede sì 2 bacini ma di ben più ampia dimensione, uno (VALL’ORGANO) da 66.000 mc ed uno (MICIGLIANO-PRATO COMUNE) da 70.000 mc, per un totale di 136.000 mc, che possono essere caricati in 110 giorni, assicurando al massimo 2 interventi di innevamento artificiale l’anno su tutte le superfici del progetto!

Tutto ciò non è sostenibile né tecnicamente, né ambientalmente, né economicamente, né assicurerà al Terminillo un futuro per le prossime generazioni.

Conforta, al contrario, leggere le recenti posizioni in linea con gli orientamenti europei di sostenibilità ambientale integrata e attenzione ecologica da parte del MIBACT. Nell’atto di indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche da realizzare nell’anno 2020 e per il triennio 2020-2022, sul tema turismo si precisa che massima attenzione sarà data “all’attuazione efficace di tutte le misure previste per il settore” purché gli obiettivi del rilancio in Italia del turismo siano raggiunti “tramite una sempre maggiore integrazione tra turismo e patrimonio culturale, allo scopo altresì di valorizzare i borghi, le aree interne, i cammini e gli itinerari culturali”.

Insomma, non è la monocultura dello sci che farà il rilancio del turismo dei territori.

Free Terminillo

Il 6 marzo a Rieti si è svolto un incontro durante il quale 11 associazioni (CAI Gruppo Regionale Lazio, WWF Lazio, FederTrek-Escursionismo Ambiente, European  Consumers, Italia Nostra-Sabina e Reatino, Mountain Wilderness Lazio, Salviamo il Paesaggio-Rieti e Provincia, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Altura Lazio, Salviamo l’Orso) hanno indicato le loro osservazioni critiche al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto “Terminillo Stazione Montana” (TSM2).
Il Terminillo fa parte dei Monti Reatini, nella provincia di Rieti (Lazio), unica area montana del centro Italia che non ricade in una zona di Parco ma fa parte della Rete Natura 2000 (un sistema europeo di aree da tutelare, per la conservazione di habitat e di specie animali e vegetali), designata come ZPS (Zona di protezione speciale) “Monti Reatini”, al cui interno sono presenti cinque SIC (Siti di importanza comunitaria): Vallone del Rio Fuggio, Gruppo del Monte Terminillo, Valle Avanzana-Fuscello, Monte Fausola, Bosco Vallonina.

Il TSM2 prevede l’ampliamento degli impianti sciistici, con il collegamento tra le stazioni di Pian de Valli e di Campo Stella, con un vero e proprio accerchiamento del Monte Terminillo, modificando profondamente ambienti di grande pregio naturalistico (protetti da direttive europee), luoghi come la Vallonina frequentati ogni anno da migliaia di escursionisti, scialpinisti, alpinisti e non solo.

Vallonina a Val Organo. Foto: Andrea Bollati

Le Associazioni hanno mostrato i gravi punti di debolezza e criticità del progetto da tutti i punti di vista, dalla pianificazione paesaggistica e territoriale, al profilo idrogeologico, al piano economico, non considerando inoltre l’attuale riscaldamento globale le cui conseguenze in questi ultimi anni sono ormai evidenti a tutti, anche a chi sulle Alpi ha iniziato a seguire e a pensare un altro tipo di sviluppo delle stazioni sciistiche (site a quote ben più elevate di quelle del Terminillo) ormai necessario, uno sviluppo di qualità e ambientalmente sostenibile.

L’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Daniele Boninsegni (CAI Leonessa) che ha ripercorso la storia degli impianti del Terminillo dalla nascita negli anni ’30 (quando non esisteva la concorrenza di altre stazioni sciistiche) ad oggi, con i vari progetti di ampliamento mai realizzati e la proposta d’istituzione di un Parco Regionale Naturale dei Monti Reatini negli anni ’90.

Andrea Filpa (WWF Lazio) ha indicato come il D.M. 17 ottobre 2007 vieti, nelle ZPS, la “realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci” e consenta “interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS”. 

Il geologo Fabrizio Millesimi (libero professionista, Dottore in Geologia) ha illustrato le problematiche legate al versante ovest di Jaccio Crudele – Monte Porcini sotto il profilo idrogeologico e del rischio valanghe e come il progetto TSM2 non preveda opere di messa in sicurezza rispetto alla caduta massi e alle valanghe ma solo monitoraggi continui non ben definiti.

Massimiliano Bianco (European Consumers) ha ulteriormente evidenziato come il nuovo progetto che prevede la realizzazione di circa 12 Km di piste e skiweg (che costituiscono il 50% di incremento rispetto agli esistenti) e la realizzazione di 9 nuovi impianti che si aggiungono ai 7 esistenti sia in conflitto con quanto stabilito sia dal citato D.M. 17 ottobre 2007 che dalla DGR n. 612/2011. L’intervento di Cesare Carloni (CAI Antrodoco) ha mostrato gli impatti irreversibili legati al taglio di circa 17 ettari di bosco (con una stima di circa 1500 alberi di alto fusto di età compresa tra i 70 e 150 anni), la perdita di 7 ettari di praterie primarie, la realizzazione di oltre 8 km di trincee e di invasi per l’innevamento artificiale, mentre Alessandro Piazzi (FederTrek) ha mostrato nel dettaglio, attraverso alcune immagini e cartografie, come il progetto TSM2 incida profondamente sulle aree ZSC (Zone Speciali di Conservazione) delle “Praterie del Terminillo” e del “Bosco della Vallonina” e come la Valutazione d’Incidenza sia incoerente con la Valutazione d’Impatto Ambientale.

Seggiovia Terminilletto. Foto: Andrea Bollati

Giampiero Cammerini (WWF Rieti) ha illustrato il piano economico finanziario del TSM2 sottolineando le incongruenze e la inaffidabilità delle analisi, delle previsioni delle presenze invernali potenziali (280.000, quando nel reatino in un anno si raggiunge la cifra di 106.000) e delle entrate (8 milioni di euro), non considerando né lo status del turismo locale e di quello invernale in Appennino e sulle Alpi né tantomeno i costi dell’innevamento artificiale, quest’ultimo difficile da realizzare a quote inferiori ai 2000 metri se si tiene conto dei dati climatici degli ultimi anni. Sui cambiamenti climatici è intervenuta la climatologa Marina Baldi (CNR-IBE, Roma) indicando come gli ultimi 5 anni siano stati i più caldi in assoluto, e come in Italia i giorni caldi siano in aumento rispetto a quelli di gelo e come siano aumentati i periodi secchi mentre le precipitazioni sono sempre più intense e concentrate determinando un aumento del rischio idrogeologico e della instabilità del manto nevoso in montagna; la ricercatrice ha sottolineato come a livello globale e nella regione mediterranea le previsioni per i prossimi decenni indicano un aumento delle temperature e una diminuzione delle precipitazioni e della disponibilità di acque dolci. Riguardo l’area del Terminillo gli ultimi anni registrano una notevole diminuzione delle precipitazioni nevose, tra l’altro sempre più tardive rispetto alla stagione sciistica.

Infine Luigi Casanova (vice presidente Cipra Italia) ha ricordato che già nel 2005, in un convegno della Cipra in Baviera, numerosi scienziati concludevano che con i cambiamenti climatici in atto le aree montane che avrebbero avuto più possibilità per uno sviluppo turistico sarebbero state quelle non trasformate dalla presenza massiccia di impianti di risalita.

Le associazioni promotrici dell’incontro denunciano l’ulteriore spreco di risorse pubbliche utilizzate per progettazioni di opere che (se nel rispetto delle leggi) non hanno nessuna possibilità di essere realizzate, e le perdite di tempo (di decenni) che hanno impedito qualsiasi altra via di sviluppo. 

Chi si oppone al progetto TSM2 non è contro lo sviluppo del Terminillo né contro gli impianti esistenti, che avrebbero bisogno sì di un ammodernamento, ma crede in uno sviluppo diverso, ambientalmente sostenibile e realmente condiviso dalle comunità locali e amanti dei Monti Reatini (che non si limitano di certo al solo Terminillo), rivolto a tutti e per tutto l’anno.

Le Osservazioni al Progetto Terminillo Stazione Montana (TSM2) raccolte dalle 11 associazioni e presentate il 6 marzo sono state inviate agli Uffici competenti della Regione Lazio.

L’incontro si è svolto a porte chiuse, è stato ripreso in diretta dalle telecamere di Rietinvetrina e pubblicato integralmente sulla pagina Facebook del giornale online.

Andrea Bollati

Fonte: https://www.mountainwilderness.it/aree-protette/free-terminillo/

NEVEDIVERSA 2020 – Comunicato stampa

Ecco i numeri del report di Legambiente: 348 gli impianti in sofferenza ad alta e bassa quota monitorati,

132 quelli dismessi, 113 quelli temporaneamente chiusi e 103 i casi di “accanimento terapeutico”

Tra i casi emblematici l’ecomostro dell’Alpe Bianca, lo stadio olimpico del salto a Pragelato

e la pista da bob a Cesana (To)

Legambiente: “Ripensare l’offerta turistica invernale in una chiave più sostenibile”

Ecco il decalogo per la montagna invernale nell’epoca della transizione climatica

Impianti per gli sci dismessi, abbandonati, ormai vecchi e obsoleti, oppure strutture per gli sport invernali temporaneamente chiuse per mancanza di neve, per problemi economici o per fine vita tecnica. E poi casi di accanimento terapeutico, con impianti che vanno avanti grazie ai contributi dello Stato. A questi si affiancano, per fortuna, storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile che lascia ben sperare. È questo il doppio volto della montagna legata allo sci alpino e al turismo invernale che Legambiente denuncia e racconta nel report Nevediversa 2020 – Il mondo dello sci alpino nell’epoca della transizione ecologica. A parlar chiaro sono i numeri raccolti: 348 gli impianti in sofferenza monitorati nella Penisola, di questi 132 quelli dismessi e non funzionanti da anni, 113 quelli temporaneamente chiusi e 103 i casi che l’associazione ambientalista definisce di “accanimento terapeutico”. Strutture presenti in diversi regioni d’Italia ad alta e bassa quota, simbolo spesso di uno snow business che ha prodotto nel tempo un paesaggio fatto di strutture ormai vecchie e obsolete, mentre i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature stanno rendendo sempre più fragile la montagna.

Tra i tanti casi simbolo al centro del report c’è l’ecomostro dell’Alpe Bianca, in Piemonte, a Tornetti di Viù (To), chiuso dal ’94 e frutto di una speculazione sbagliata. Lo stadio del salto con gli sci a Pragelato (To) e la pista da bob di Cesana (To), entrambi eredità dei fasti delle Olimpiadi di Torino 2006 e oggi ambedue chiusi, il primo nel 2006, il secondo nel 2011. Ci sono poi gli impianti in località Pia Spiss, Valcanale Ardesio (BG), in Lombardia, costruiti negli anni ’80 e chiusi nel ’97, per passare a quelli di Marsia di Tagliacozzo, in Abruzzo, costruiti nel 1961 e oggi in stato di abbandono. E poi in Calabria in località Ciricilla (CZ), dove l’unica stazione sciistica in provincia di Catanzaro è chiusa dal 2000.

A questi vanno aggiunti gli impianti temporaneamente chiusi, situati per lo più in piccoli comprensori sotto i 1500 metri per i quali in questi anni si è cercato a fatica di garantire il funzionamento. Si va dal comprensorio di Argentera a Cuneo, in Piemonte, con gli impianti chiusi per la stagione 2019-2020 e le strutture che hanno superato il ciclo di vita tecnica dei 40 anni, a quelli in località Rocca Rovereto, in Liguria, che funzionano solo in parte. In località Col de Joux Saint Vincent (AO), in Valle d’Aosta, l’impianto è sospeso per revisione e per carenza di neve. Anche nel Centro Italia la situazione non è delle migliori, ad esempio nelle Marche, a Frontignano – Ussita (MC), le strutture sono ferme per danni causati dal sisma. Problema analogo in Abruzzo, a Prato Selva e Prati di Tivo, Fano Adriano (TE), dove gli impianti sono chiusi da anni per danni legati al sisma, ma anche per la mancanza di manutenzione straordinaria. In Sardegna gli impianti di Bruncuspina e S’Arena risultano al momento non operativi. In Sicilia in località Piano Battaglia, gli impianti ammodernati nel 2009 con un cofinanziamento pubblico-privato sono al momento chiusi per problemi burocratici.

Storie segnalate da Legambiente che indicano l’urgenza di ripensare l’offerta turistica invernale: per questo l’associazione ambientalista lancia oggi anche il suo decalogo. Tra i punti principali inseriti, ascoltare gli esperti sul clima, porre un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini, avere il coraggio di interrompere i contributi per lo sci alpino a località sotto i 1500 metri, porre un limite al potenziamento dei grandi impianti ad alta quota e ridurre la pressione sugli ambienti più delicati di alta montagna, dicendo stop alla proliferazione all’interno delle aree protette e dei siti Natura 2000. Dall’altro canto è importante promuovere le molteplici attività che si possono svolgere nella media e bassa montagna creando le condizioni per impiegare le risorse locali, umane e materiali; valorizzare le esperienze sostenibili positive, coinvolgere le comunità locali e avviare dei percorsi di formazione sull’emergenza climatica e sulla valorizzazione del territorio.

“Negli anni del boom economico – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente – i territori hanno localizzato impianti spesso in aree non idonee alla pratica sciistica, anche a quote molto basse, addirittura sotto i 1000 metri s.l.m. Parliamo di impianti – tra skilift, seggiovie e cabi­novie – che abbiamo censito in questo report ricordando al tempo stesso come i cambiamenti climatici stiano rendendo sempre più vulnerabili e fragili le montagne. Siamo convinti che in questi anni l’economia dello sci alpino non sia stata capace di cambiare le strategie alla luce dei cambiamenti climatici in atto, ora però è giunto il momento di invertire la rotta. Per questo chiediamo la definizione di una strategia nazionale per lo sviluppo della montagna che tenga conto anche di un turismo invernale più sostenibile. Come Legambiente continueremo a vigilare sul territorio montano e l’idea è quella di creare un osservatorio dei relitti e delle ricon­versioni di stazioni e comprensori montani”.

Tornando al report Nevediversa, Legambiente inoltre pone l’attenzione sui “casi di accanimento terapeutico” e sul fatto che il denaro pubblico serve a finanziare non solo le grandi stazioni in quota, ma anche a rilanciare località sciistiche dove la neve artificiale è ormai la norma.  Ad esempio nel Lazio, nonostante il forte calo delle presenze turistiche, la diminuzione delle precipitazioni nevose e i problemi economici, è stato nuovamente proposto un consistente progetto di rilancio degli impianti in località Terminillo. In Trentino Alto Adige, la Provincia autonoma di Trento ha deciso di finanziare con 4 milioni di euro il restyling del comprensorio sciistico Bolbeno – Borgo Lares (TN) situato a bassissima quota (567m – 663m).  In Toscana, c’è poi il caso del comprensorio dell’Abetone, sostenuto per molto tempo con almeno 1 milione di euro ogni anno, e in questa stagione in forte sofferenza a causa della mancanza di neve. Per altro la Regione Toscana non ha messo a bilancio il consueto milione di euro di fondi destinati agli impianti.

Nel report Nevediversa Legambiente riporta anche alcuni esempi di finanziamenti regionali per le stazioni sciistiche. La Regione Lombardia lo scorso giugno ha stanziato 9,4 milioni di euro per l’innevamento degli impianti di sci lombardi. La giunta regionale del Piemonte lo scorso luglio ha deliberato l’erogazione di 10 milioni di euro per l’innevamento programmato dei Comprensori Via Lattea e Bardonecchia per le stagioni sciistiche 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022. A questo si aggiungono i fondi destinati alle piccole e micro stazioni montane del resto della regione per la costruzione di bacini artificiali e il rifacimento di impianti di risalita, attingendo ai 24,5 milioni di euro stanziati dalla legge regionale 22 novembre 2017, n. 1. “Sarà interessante – aggiunge la Bonardo – seguire l’andamento dei finanziamenti che le Regioni da oltre vent’anni elargiscono a sostegno degli impianti per la manutenzione e in particolare per la sempre maggiore richiesta di neve artificiale. Anche in questo caso è difficile fare un conto preciso. Si tratta comunque di diverse centinaia di milioni di euro che ogni anno vengono messi a bilancio a questo scopo dalle Regioni e in piccola percentuale anche dai Comuni. Molte le realtà che, a fronte di investimenti consistenti, funzionano giusto nel fine settimana e durante le vacan­ze di Natale e, clima permettendo, durante le settimane bianche”.  

Buone pratiche e riconversioni – Eppure ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile non è una sfida impossibile. A dimostralo diverse buone pratiche di turismo sostenibile avviate sul territorio come ad esempio il progetto Neve&Natura del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna che prevede un ricco calendario di eventi tra cui ciaspolate, sleddog, visite al planetario del Parco, sagre. Oppure le attività messe in campo da Majambiente, una società nata nel 1994 a Caramanico Terme, formata da un gruppo di Guide Locali che propongono escursioni, percorsi in e-bike, e che gestiscono un centro di visita con un museo naturalistico ed archeologico, un museo della fauna, uffici informazioni dislocati in alcuni comuni della Valle dell’Orta, un’area faunistica, un giardino botanico ed una foresteria scientifica con 25 posti letto. Accanto alle buone pratiche, ci sono poi anche storie di riconversione di vecchi impianti. Ad esempio Caldirola, in provincia di Alessandria, Alta Val Curone, oggi grazie alla mountain-bike sta rivivendo una stagione d’oro, come accadeva negli anni ’60 quando era una rinomata località sciistica. Altro esempio arriva dalla Valle d’Aosta dove i comuni di Etroubles, Saint-Oyen e Saint-Rhémy-en Bosses, nella valle del Gran San Bernardo, hanno scelto di non rinnovare gli impianti di risalita a bassa quota e di puntare invece su un’offerta turistica centrata sulla natura e la cultura.

Queste buone pratiche – spiega Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente – segnano un cambio di prospettiva e di svolta: località che un tempo venivano viste solo come mete legate allo sci cominciano a diventare anche luoghi dove è possibile camminare tutto l’anno, passare momenti di relax nei boschi imbiancati o meno. Per questo è importante incentivare la diffusione di queste nuove forme di turismo montano sostenibile su tutto il territorio”.

Il report Nevediversa su: www.legambiente.it

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