TSM, svelato il bluff – La Regione Lazio chiede ora integrazioni ad un progetto che non c’è

IL CARTELLO DI 19 ASSOCIAZIONI

WWF Lazio, Club Alpino Italiano GR Lazio, Italia Nostra – Sabina e Reatino, LIPU-Birdlife Italia, FederTrek – Escursionismo  Ambiente, Salviamo l’Orso, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Altura Lazio, Mountain Wilderness Lazio, Postribù, Inachis Sez. Gabriele Casciani Rieti, Pro Natura Lazio, Orso and friends, Natour biowatching, Red Fox – Scuola di Natural Survival e Tracking,  La Lupus in Fabula,  G.U.F.I. Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, GriG Gruppo di Intervento Giuridico.

———————

Con una notadel 6 Luglio us, l’Area Valutazione Impatto Ambientale (VIA) della Regione Lazio che dovrà rilasciare eventuale parere positivo ha chiesto ai proponenti del TSM2 alcune integrazioni ai materiali di progetto, integrazioni inerenti cinque aspetti che a prima vista non appaiono marginali. Li elenchiamo, affinché tutti sappiano e possano fare le loro considerazioni, mentre i sostenitori del TSM e i sindacati fanno pressing: descrizione dello stato dei luoghi ove sono presenti impianti e piste dismesse; analoga descrizione dei siti ove verranno realizzati i nuovi impianti, al fine di accertarne il grado di antropizzazione; quale sia il destino delle rocce e terre di scavo; rielaborazione dei dati nivologici utilizzando quelli più recenti; progetti dei bacini di raccolta delle acque per l’innevamento artificiale e l’indicazione delle sorgenti da captare per riempirli.

Bene si dirà, in un progetto così controverso (si rammenta, bocciato già due volte) la Regione Lazio vuole assumere una decisione consapevole e ponderata, e quindi ha necessità di conoscere bene le caratteristiche attuative e definitive del progetto.

Ma non è così, e la lettura della nota che danno le Associazioni Ambientaliste è molto differente; riteniamo queste richieste non solo scandalose, ma anche espressive del colpevole e tardivo smarrimento della Regione Lazio.

Veniamo ai fatti. Dopo la sospensione in sede di VIA del TSM1, avvenuta nel 2015, è stato aperto un tavolo tecnico tra Regione Lazio e promotori, tavolo finalizzato a superare le criticità del progetto e che ha lavorato dal 2015 al dicembre 2019, quando con trionfali squilli di tromba il nuovo TSM2 ha iniziato un nuovo iter di approvazione; è stato quindi pubblicato il TSM2, sono state presentate le osservazioni dal cartello delle Associazioni, sono state redatte le Controdeduzioni, scadute lo scorso 5 Giugno.

Sembrerebbe tutto pronto per la decisione finale, ma la recente nota regionale prolunga i giochi – o forse l’agonia – in modo inatteso, e qualche interrogativo è d’obbligo.

Soltanto ora la Regione Lazio si accorge di non conoscere dove e quali siano i vecchi impianti? Solo ora si accorge di non sapere dove verranno realizzati i nuovi impianti? Solo ora si accorge che le terre di scavo hanno incerto destino? Solo ora si accorge che gli studi meteorologici sono fasulli (basati su dati vecchi e presi da altri luoghi)? Solo ora si accorge che il TSM2 non ha considerato gli impatti del nuovo sistema idrico per l’innevamento?

Se è vero, come afferma la nota del 6 Luglio, che nel progetto del TSM2 mancano tutte queste informazioni, su quali basi, ad esempio, la Soprintendenza competente si è espressa positivamente in sede di Conferenza di Servizi dando il proprio nullaosta sul parere paesaggistico? E su quali basi l’Area Urbanistica della Regione Lazio ha dato parere favorevole già il 20 marzo scorso? E, soprattutto, su quali basi i cittadini sono stati invitati ad esprimersi attraverso le osservazioni, atteso che neppure la Regione Lazio – dotata di strutture e competenze tecniche che i cittadini è fisiologico non abbiano – è riuscita a capire lo stato attuale dei luoghi che verranno investiti dal TSM2?

Le considerazioni che le Associazioni traggono da questa ulteriore dimostrazione di superficialità amministrativa sono molto amare e pesanti.

Primo: vi sono strutture della amministrazione pubblica che prendono decisioni senza radicarle nelle normative e nella razionalità tecnica, in assenza di informazioni basilari. Non sta a noi indicare quali siano i criteri altri che informano queste decisioni, ma non possiamo dire di non intuirli.

Secondo: gli unici a conoscere veramente il progetto TSM2 sono le Associazioni Ambientaliste che hanno profuso energia, intelligenza e competenza per evidenziare le incommensurabili falle del TSM2 e dei suoi predecessori; abbiamo letto le carte, abbiamo verificato dati e studi economici, abbiamo esplorato e ponderato la normativa, abbiamo ricercato quello che negli elaborati progettuali era assente oppure sbagliato, siamo stati sui luoghi e ci siamo ben documentati. Quindi sappiamo bene cosa succederà – impatti ambientali devastanti – e cosa non succederà, ovvero che il TSM2 non sarà un’occasione di sviluppo ma un ennesimo modo di sprecare soldi pubblici senza creare né attività sul Terminillo né lavoro.

Terzo: siamo stati praticamente gli unici a presentare osservazioni (molte delle altre sono rituali endorsement), ma a tali osservazioni nessuno ha risposto, poiché le controdeduzioni rese pubbliche sono evasive e parlano d’altro. Comprensibile, sarebbe stato impossibile dimostrare l’indimostrabile, ovvero che il TSM2 è un progetto sostenibile e redditizio in questo periodo storico. Le controdeduzioni sono debolissime ed aprono la strada – lo abbiamo già detto – a ricorsi amministrativi. Ricorsi, va aggiunto, che non riguarderanno solo lo specifico delle (mancate) controdeduzioni, ma cui chiederemo di far luce sui modi in cui i soldi pubblici sono stati spesi (ad esempio vorremmo sapere quante volte e perché sia stato pagato un progetto ripetutamente bocciato; poi chiarire la correttezza o meno delle spese già sostenute per ammodernare impianti, oppure dell’intreccio pubblico-privato alla base del progetto), ma anche quanto sia costato alla collettività un tavolo tecnico regionale che per oltre quattro anni ha impegnato il tempo e le energie (stipendiate) di dirigenti e funzionari, pervenendo all’invidiabile risultato di non sapere ad oggi neppure quali siano i luoghi trasformati dai nuovi impianti e quale sia il loro grado di antropizzazione.